Riceviamo e pubblichiamo ben volentieri il racconto del Sig. Vannucci, il quale ha scelto La Via Silente come meta di un viaggio in bicicletta gravel. Grazie per la condivisione e per la fiducia nell'assistenza tecnica prestata alla sua bicicletta.
Del Cilento conoscevo solamente Marina di Pisciotta, meta nel 1971, della mia prima vacanza in campeggio con gli amici e poi, negli anni novanta, Palinuro per una breve vacanza pasquale con moglie e figlie. Della "terra di mezzo", ovvero quel territorio tra il mare e l'Autostrada del Mediterraneo, delle sue montagne, aspre come le Dolomiti e dei suoi mille borghi, non sapevo invece nulla. Grande è stata quindi la sorpresa nello scoprire su Pedala Italia, una guida di viaggi da fare in bicicletta nel nostro Paese, che un gruppo di ragazzi aveva tracciato nel Cilento un percorso di ben 600 chilometri con oltre 13.000 metri di dislivello, denominato "La Via Silente", per far scoprire ai cicloviaggiatori le meraviglie offerte da questa terra.
Andato finalmente in pensione e quindi con più tempo da dedicare alla amata bicicletta, all'inizio di settembre dello scorso anno ho testato con mia moglie Gianna una gravel con copertoni del 32 per renderli performanti anche sull'asfalto e gruppo Shimano monocorona GRX, sull'Adria Bike, la "via delle acque", che costeggia l'Adriatico da Ravenna a Trieste attraversando il maestoso delta del PO e la foce di numerosi altri fiumi che scorrono nel nord Italia. Un itinerario molto bello, dominato dai silenzi di queste terre umide popolate da una ricca avifauna. Tornati a casa pieni di entusiasmo ho lasciato Gianna ai suoi impegni didattici all'università e dopo una decina di giorni sono ripartito il 20 settembre per il Cilento con l'obiettivo di mettere nel carniere La Via Silente. Per evitare la via crucis dei treni regionali, gli unici abilitati, a parte alcuni sporadici Intercity, a consentire l'accesso a bordo alle biciclette, ho smontato la mia gravel per renderla compatibile con le dimensioni dei bagagli trasportabili sui treni ad alta velocità e ho preso un Freccia Rossa da Firenze a Napoli e da qui un regionale fino alla stazione di Vallo della Lucania dove sono arrivato all'ora di pranzo. Rimontata la bici ho cercato di raggiungere l'infopoint dell'associazione che gestisce l'itinerario per ricevere da Simona, la sua Presidente, informazioni e consigli, la "silentina”, una card con cui avere agevolazioni per dormire e mangiare negli esercizi convenzionati e la mappa del percorso. Da casa avevo programmato di realizzare l'itinerario in otto tappe, anziché le quindici suggerite. Ritenevo infatti di avere un sufficiente allenamento per superare in poco più di una settimana i 13.000 metri di altimetria del percorso: l'equivalente, tanto per dare un riferimento agli appassionati delle granfondo, di tre volte il percorso lungo della Sportful, la corsa per amatori più dura di quelle che ogni anno si tengono in Italia.
Uscito dalla stazione ho subito sbagliato salendo inutilmente a Castelnuovo Cilento, sul colle, anzichè giungere all'Infopoint di Velina, frazione di Castelnuovo mediante la trafficata strada che porta sulla costa in direzione di Ascea e Palinuro. Per fortuna Simona mi aveva aspettato e alle 16, prese tutte le informazioni, ho finalmente inforcato la bici per raggiungere il mio primo posto tappa, Castellabbate, il borgo che avevo ammirato nel film "Benvenuti al Sud", con Claudio Bisio, direttore dell'ufficio postale, trasferito dalla Lombardia in Campania con mille preconcetti sui suoi abitanti. Vista l'ora della partenza l'obiettivo era sicuramente velleitario, l'oscurità mi avrebbe infatti costretto ad interrompere la prima tappa. Ma tanta era la foga che ho mancato la prima deviazione verso il Monte Stella, ritrovandomi sul mare e quindi saltando Pollica da cui poi sarei dovuto scendere sulla litoranea. A quel punto non potevo più tornare indietro e quindi ho spinto sui pedali per arrivare a Castellabbate poco prima di buio. All'indomani mi sono allontanato dalla costa per raggiungere nell'entroterra del Parco del Cilento, Trentinara attraversando numerosi piccoli borghi tra cui Rocca Cilento, dominata dall'imponente castello progettato nel XV secolo dal mio conterraneo Giuliano da Sangallo. Presa una camera nel delizioso B&B convenzionato dall'associazione e così alleggerito del bagaglio, ho deciso di prolungare la tappa per conquistare una vetta che domina il paese, il monte Vesole, a 1.200 metri sul livello del mare che si raggiunge mediante una stradina perfettamente asfaltata con strappi che superano il 15%: un piccolo Mortiloro in terra cilentana. Cena di pesce nel borgo antico e poi a nanna per smaltire le fatiche dei primi due giorni di un viaggio che non stava certo deludendo le mie più rosee aspettative.
La tabella di marcia del terzo giorno prevedeva un tappone di 102 km, tanta salita con un dislivello che a fine giornata supererà i 2.100 m. e pernottamento a Petina. Inizia con una strada a mezza costa che poi scende nella gola del fiume Calore, prosegue poi dopo Felitto con i soliti sali-scendi fino alle grotte di Castelcivita dove prende avvio una salita tosta, con numerosi tratti oltre al 15% di pendenza in una natura incontaminata fino a Postiglione per arrivare a Sicignano e da qui a Petina. Prendo una camera nel B&B della Casa del Prete e poi cena luculliana nel Ristorante Marino. La mattina dopo la strada appena fuori dall'abitato sale con strappi che superano il 15% attraversando un curatissimo bosco di castagni in un silenzio assoluto, fino ai 1.200 metri dello scollino. Fa freddo, da nord spira un vento gelido nonostante che si sia solo nella terza decade di settembre. Per pranzo sosta nella ghost town di Roscigno, un paese che nei primi anni dello scorso secolo venne abbandonato perché colpito da una frana. Qui incontro Giuseppe Spagnuolo, il suo mitico custode che mi racconta come la decisione di ricostruire poco sopra il vecchio abitato la nuova Roscigno sia stata dettata dall'opportunità di beneficiare di un importante finanziamento pubblico. Prova ne è, secondo Giuseppe, che le vecchie case dopo oltre un secolo di abbandono sono ancora in piedi. Proseguo quindi sulla gola del fiume Sammaro e dopo Sacco inizio una nuova micidiale salita di 10 km che mi porterà ai 1.022 metri della Sella del Corticato da cui si scende nel Vallo di Diano su cui si erge, sopra l'ultimo colle di giornata, Teggiano, il paese fondato dai lucani nel IV secolo A.C. e oggi caratterizzato da una moltitudine di chiese.
La mattina successiva mi alzo di buon'ora perché l'obiettivo di giornata è la cima Coppi della Via Silente, il Monte Cervati che con i suoi 1.900 metri è la montagna più alta della Campania. La ruota posteriore della mia bici, una tubeless, nella notte si è però parzialmente sgonfiata, urge quindi l'intervento di un meccanico per rabboccare il liquido sigillante e così evitare problemi seri sulla strada bianca che porta alla cima del Cervati. Decido quindi di andare all'officina KonosCycling a Silla di Sassano, gestita da due ragazzi preparatissimi e molto gentili che si mettono subito al lavoro e, oltre a sistemare la ruota, mi controllano tutta la bicicletta sostituendo anche le pasticche dei freni a disco, lubrificando la catena e controllando il cambio. Dovendo effettuare la sosta, preferisco rimandare la visita programmata alla Certosa di San Lorenzo a Padula, la più grande d'Italia, eretta nel 1306 e al Battistero di San Giovanni in Fonte per poter raggiungere in mattinata la camera del B&B di Sanza e qui lasciare i bagagli per iniziare, nel primissimo pomeriggio, l'ascesa al monte Cervati.
Ai piedi del monte mangio il panino preso Sanza e avvio la salita di 24 km. I primi 7 asfaltati e poi altri 17 di strada bianca con strappi micidiali a doppia cifra. Sulla strada, ai 1.100 metri di altitudine trovo la deviazione che porta all'Affondatore di Vallivona, tappa obbligata nell'ascesa del Cervati. Pensavo che l'ingresso del tunnel che porta alla base di un cratere che si erge per oltre 100 metri fosse relativamente vicino al bivio. Così non è e la strada bianca fa una lunga deviazione facendomi perdere oltre 200 metri di altitudine. Un dislivello che dovrò recuperare dopo la veloce visita. Sono quasi le 15 quando rientro al bivio della strada bianca che mi porterà sulla vetta. Da quando ho iniziato la salita non ho visto anima viva, la scorta di acqua si sta velocemente esaurendo e devo ancora salire per oltre 800 metri. Stimo di avere circa 4 ore di luce per rientrare a Sanza e pedalo come un forsennato per cercare di raggiungere la vetta entro le 17. Per fortuna dopo un'ora trovo due pastori che mi indicano una sorgente ancora attiva nonostante la lunga siccità estiva. In un paio di tratti metto anche il piede a terra per la pendenza e il fondo sempre più sconnesso mentre, inesorabile, il tempo corre. Pochi minuti prima delle 17 il bosco si apre e dopo alcune rampe finalmente intravedo il Santuario della Madonna della Neve, meta di un affollato pellegrinaggio nel mese di luglio ma oggi desolatamente deserto. La strada si fa meno pendente e alle 17,05 finalmente arrivo alla sommità del Cervati da cui si domina, nelle prime luci del tramonto, il Golfo di Policastro sulla sinistra e a destra la Costiera Amalfitana. Una foto, un messaggio a casa nell'unico punto della strada con il segnale e poi, giù a rotta di collo per raggiungere Sanza prima che cali l'oscurità. Alle 19,15 rientro in camera stravolto dalla fatica con due dita di polvere sul corpo, manco avessi fatto i muri della Parigi Rubeaux, ma felice per aver conquistato gli obiettivi di giornata. Ottima cena al Ristorante Pizzeria da Saro il cui figlio Antonio è uno degli animatori dell'associazione che ha inventato e gestisce la Via Silente.
Ciao ragazzi,
sono il ciclista di Firenze a cui ier mattina avete settato la bici.
Grazie al vostro intervento sono riuscito ad arrivare sulla Cima Coppi della Via Silente dopo aver dedicato tempo anche all’Affondatoio di Vallivona. È stata dura perché sono partito dopo le 12 da Sanza ma la vista dal Cervati poco prima del tramonto era impareggiabile.
La bici si è comportata benissimo nonostante la discesa fatta incalzato dagli ultimi raggi del sole.Grazie 🙏 e buon lavoro
F. Vannucci
All'indomani le gambe sono pesanti e la ripartenza con i consueti "mangia e bevi" è davvero faticosa. Per fortuna il programma prevede a Morigerati una sosta all'oasi gestita da WWF nelle gole del Bussento e, poco dopo, alle cascate del Rio Casaletto in un ambiente ricco di magia in cui i raggi del sole, giocando tra l'acqua e un tappeto di muschio, disegnano i cosiddetti "capelli di Venere”. Obiettivo di giornata è il ritorno sulla costa con veloce sosta nel borgo di pescatori di Scario da cui risalgo per raggiungere l'ultimo colle di giornata: i 270 m. sul livello del mare di Bosco.
Il giorno successivo è una calda domenica di fine estate e la Via Silente mi porta sulle celeberrime gemme della costa Cilentana: Marina di Camerota, Palinuro, Pisciotta. Qui la strada riprende a salire regalandomi scorci bellissimi sul mare sempre più in basso. Ancora sali e scendi fino a Novi Velia, edificata da coloni greci in memoria della città ellenica da dove prevenivano, posta alle pendici del Monte Gelbison dove pernotto.
La mattina successiva alle 8 sono già in bici. Ho lasciato i bagagli in camera per poter salire leggero fino ai 1.705 metri del Santuario della Madonna di Novi Velia, seconda vetta della Campania. Veloce visita dell'imponente struttura religiosa e poi rientro in paese per recuperare i bagagli e ultimare l'ultimo tratto de La Via Silente. Passo da numerosi borghi, uno più bello dell'altro. Mi fermo a Piano Vetrale, il paese dei murales, un vero e proprio album di pitture che raccontano la vita del Mezzogiono negli ultimi due secoli. Alle 16 prendo la camera al B&B sopra l'infopoint dell'Associazione a Velina. E' ancora presto e decido di riprendere la bici per completare quel tratto della Via Silente che avevo saltato il primo giorno per la foga di pernottare a Castellabbate. Visito quindi prima Stella Cilento e poi Pollica per scendere infine al mare e rientrare a Velina con un'aggiunta di 700 metri di dislivello. Nell'ultima tappa ho quindi pedalato per 112 chilometri.
Alla sera ringrazio Simona, i suoi colleghi e amici per aver organizzato e gestito così bene questo percorso che, sono sicuro, valorizzerà ancora di più la loro terra: un grande bike park che potrebbe richiamare se, adeguatamente promosso, tanti cicloturisti italiani e stranieri. Bravi davvero!
F. Vannucci
Firenze